Omelia del Vescovo in occasione del suo XXX anniversario di ordinazione presbiterale

Nella pagina di Vangelo che abbiamo appena ascoltato  Gesu’, nel Tempio per la festa della Dedicazione, aveva nel cuore i sentimenti che anche io ho in questo momento, anche se per ragioni diverse.

Gesù perché voleva che tutti si orientassero al Padre, io perché, oltre a questo, devo vincere la tentazione della  vanità e della  superbia.

Ringrazio tutti voi che questa sera avete voluto condividere con me questa celebrazione  e questo momento di lode al Signore.

Ringrazio i nostri amati sindaci, il procuratore, il questore, i comandanti della  Guardia di Finanza e della Polizia.  E soprattutto ringrazio Dio per le tante persone serie che sono intervenute, perché c’è bisogno di  serietà in un momento come questo.

E questa esigenza di serietà ci viene confermato dal rimprovero chiarissimo  che Gesù rivolge alle  persone che gli dicono “ Fino a quando ci terrai nell’ incertezza ? Se tu sei il Cristo dillo a noi apertamente“ .   Ve l’ho detto, e non mi  credete.  Le opere che io compio  nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me “

Dove si blocca, dove si  si ferma l’ascolto?

Io banalmente ne  ho fatto esperienza pochi giorni fa. Sono andato a Roma per unire in matrimonio una coppia i ragazzi che ho conosciuto quando avevano forse dodici anni, e mi hanno proposto una  delle letture che noi sacerdoti leggiamo più frequentemente in questa occasione :   l’inno  alla carità della prima lettera ai Corinzi .

A volte può capitare  di sentire di non avere  nella propria faretra le frecce per poter spiegare, fare apprezzare la Parola . Ecco, quello era uno di quei giorni.  Era uno di quei giorni in cui il Signore sembrava in qualche modo nascondersi, ed invece aveva in serbo per me  una bellissima sorpresa.

Quando sono arrivato davanti a questi due sposi ho pensato : “Adesso cosa dico, questa lettura l’ho letta e spiegata centinaia di volte “. E invece sono stati loro a spiegarla a me . Ho capito lì, davanti a loro due, ai loro sguardi innamorati, cosa ci vuole dire  san Paolo nell’inno alla carità .

“Se non avessi la carita’ non sono nulla “

Ed è così,  nessuno deve essere idolatrato ;  questo è il rischio che correva anche Gesù con i  suoi discepoli, che lo idolatrassero, che si facessero un’ immagine falsa di Lui.

Se voi vi ricordate in diverse occasioni Gesù preannuncia la sua persecuzione e la sua morte. In una di queste occasioni Pietro dice: “Dio non voglia Signore; questo non ti accadra’ mai”  e Gesù: risponde : “ Lungi da me Satana! Tu mi sei di scandalo perche’ non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini ! “

Gesù stava annunciando il piano paradossale, meraviglioso,  incomprensibile da una prospettiva soltanto umana,  attraverso il quale Dio ha disposto che noi imparassimo l’amore :   uccidendo  il Figlio.

Perché non c’era un altro modo per vedere l’amore se non respingendolo, mandandolo via da noi, rifiutandolo, allontanandolo, trattandolo male. E vedere che  nonostante tutto, Cristo non si è allontanato, non si è scandalizzato, non è andato altrove.

Scusate, ma chi di noi di fronte ad una offesa resta lì? Chi di noi non scappa, non fugge, o non accusa a sua volta? Gesù non scappa, perché desidera farci capire fino a che punto lui ci ami.

Ed è anche quello che sta dicendo tra le righe San Paolo : voi siete convinti di avere a che fare con un apostolo? Forse addirittura con un super-apostolo? Ebbene, io non sono niente. Perché se Dio mi sottraesse l’amore con cui mi ha amato, io scomparirei dalla vostra vista, sarei totalmente inconsistente. Se c’è una qualche sostanza in me che voi potete apprezzare, dice san Paolo, è la carità che io ospito nel mio cuore e che appartiene a Dio.

Quanto è liberante questo.  Quanto sarebbe bello se anche gli sposi qui presenti dicessero “Se io valgo è perché ho una moglie splendida” e viceversa “Se io valgo è perché ho un marito che mi ama. Un marito splendido che mi sopporta, che mi perdona. La mia forza è quella. Il mio unico vanto è il fatto di essere amato. “

Quanto sarebbe liberante se riuscissimo a dire questo. Quanto ci libereremmo dai nostri scafandri, dalle nostre apparenze, dalle tante formalità.

Allora ecco che questa celebrazione  ci fornisce l’ occasione per  provare a dirci quale è la verità.

La verità della nostra vita non è conquistare traguardi, diventare qualcuno o qualcosa, avere una funzione o un ruolo . Questo è sì  importante, ma la cosa  essenziale è se lo fai per amore . Qualsiasi cosa tu faccia, anche sgridare un bambino : se lo fai con amore, se lo fai per amore, questa cosa ha diritto ad esserci perché è quello che fa Dio.

Termino condividendo con voi  una cosa che ho nel cuore. Da ieri , nella preghiera, ho provato a ripercorrere  questi trent’anni : non solo le pagine belle, facili, pubbliche, ma anche quelle un po’ più difficili, un po’ meno pubbliche, un po’ più private. E  in tutte queste realtà mi sono accorto di una cosa bellissima : Il fatto che Dio non si è mai mai ,mai, mai allontanato da me. Anche quando i dubbi,  quando le convinzioni, le presunzioni personali mi dicevano tutt’altro, alla fine  mi sono sempre dovuto accorgere  di quanto Dio voglia bene alle sue pecorelle , di quanto non le giudichi  in base  a quello che riescono a fare o  a diventare.

Ama  tutti, dal più piccolo al più grande, allo stesso identico modo ; anzi, ama di più i peccatori, ma non perché se lo meritino. Li ama perche’  non è una questione di merito ma di gratuità,  e ci vuole più amore per amare un peccatore .

Allora invito anche tutti i sacerdoti di questa diocesi, i nostri sacerdoti, a fare questa stessa esperienza : quanto sarebbe bello ripercorrere la propria vita senza partire dai risultati conseguiti .

Anche i fallimenti sono fondamentali ; non solo per imparare a vivere ma soprattutto perché la croce stessa   da un punto di vista umano, da un  punto di vista strategico, da un  punto di vista logico, è un fallimento.

Ed è bellissimo il fatto che Gesù sulla croce sia affidi e si arrenda al Padre dicendo  : fai tu, io mi lascio amare, io mi lascio andare, io mi consegno a te. Opera  tu attraverso   questa croce, che è una cosa orribile, uno spettacolo da macellaio .

Allora ripenso al  salmo 44,  che è per noi: “Tu sei il più bello fra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia, ti ha  benedetto Dio per sempre” .

Che il Signore trasformi quelli che a noi sembrano fallimenti nella vittoria più altisonante; una vittoria conseguita  perché ce l’ha fatta conquistare Lui, non perché siamo bravi noi. Che il Signore ci faccia  vivere  questi fallimenti come condivisione di questa esperienza della croce dove Cristo si abbandona al Padre e dice : fallo tu questo capolavoro,  falla tu questa cosa meravigliosa nella mia vita,  falla tu questa cosa straordinaria .

Allora forse anche noi saremo un po’ più liberi, nel senso che non dovremo difendere chissà che grande prestigio acquisito  .

Allora noi avremo l’umiltà di accogliere dal primo all’ultimo, dal più piccolo al più grande con lo stesso decoro, con la stessa dignità, con la stessa umiltà con cui Cristo accoglieva tutti, i piccoli e i grandi, i santi e i peccatori.

Accoglieva tutti.  Perche?  Perché è così che fa Dio.  Dio è il padre di tutti, e un papà non allontana i suoi figli, anzi li avvicina soprattutto quando sono sporchi, li avvicina soprattutto quando si sentono indegni, li avvicina soprattutto quando pensano di aver smarrito la strada di casa. E’ lì che il papà tira fuori il suo cuore. E’ lì che il papà tira fuori il suo amore.

Che il Signore faccia fare a tutti noi questa esperienza meravigliosa di un cuore paterno, del   cuore di un pastore che non ci molla mai. Che sta sempre con noi. Che non sta lì a guardare successi e insuccessi, celebrazioni  o non celebrazioni, ma che nel segreto del nostro cuore ci fa dire  quello che Benedetto XVI ha avuto la lucidità e il coraggio di dire prima di morire: “ti amo Signore”.