Carissimo padre Vincenzo,
domenica prossima 16 aprile, si celebrerà la Pasqua ortodossa, ad una settimana di distanza da quella cattolica, seguendo il calendario giuliano.
Sento pertanto il bisogno di raggiungerti, con questo breve messaggio, come direttore dell’ufficio diocesano per l’ecumenismo, per esprimere a te e ai fedeli tutti della tua parrocchia, presente nella nostra provincia di Vibo Valentia, un augurio di luce, di gioia e di speranza.
Tutti insieme guardiamo con grande fiducia al 2025. Papa Francesco, infatti, insieme al patriarca ecumenico di Costantinopoli, massima autorità del mondo ortodosso, sta lavorando all’idea di trovare una data comune per tutti i cristiani per la celebrazione della Pasqua. Nel 2025 – occasionalmente ma assai significativamente – infatti la data della Pasqua coinciderà sui calendari giuliano e gregoriano. Sarà così nei Paesi dell’Europa orientale e nelle Chiese ortodosse, come qui da noi. Inoltre nel 2025 ricorrerà il centenario del Concilio di Nicea (325) in cui si concordò la formula della Professione di fede dei cristiani. Dunque, dopo cinque secoli, tanti quanti ci separano dall’introduzione del calendario gregoriano che ha differenziato anche la data della Pasqua, tutti i cristiani potrebbero trovare una data comune per celebrare la morte e la risurrezione di Cristo, nella stessa notte santa. Sarebbe un fatto di importanza straordinaria e preghiamo perché questo si realizzi.
L’apostolo Paolo afferma che «Se Cristo non è risorto dai morti, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede»(1Cor 15,14). Cristo è il Risorto, Cristo è Colui che vive per sempre, e porta ciascuna e ciascuno di noi fin dentro il mistero della sua risurrezione.
Come ha scritto il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo: “In Cristo conosciamo e sperimentiamo che la vita presente non è l’intera nostra vita, che la morte biologica non costituisce la fine e l’annichilimento della nostra esistenza. I limiti biologici della vita non determinano la sua verità. (…) I Cristiani sono “coloro che hanno speranza”, coloro che aspettano il Regno che viene del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, come la realtà ultima, come pienezza di vita e conoscenza, come gioia compiuta, non solo per le generazioni future, ma per l’intero genere umano dall’inizio fino alla fine dei tempi”.
Non affievolire o smarrire mai questa speranza che il male è vinto dal bene e che la morte non ha l’ultima parola deve essere l’impegno di ciascuno di noi cristiani. Più che mai, in questa festa sentiamo il bisogno di non essere soli: da soli non ce la faremmo a credere in un messaggio tanto sconvolgente. Abbiamo bisogno pertanto di sostenerci reciprocamente come Chiese sorelle, come cristiani che camminano insieme. Aiutiamoci a credere nella resurrezione. Non solo in quella del Signore Gesù, ma anche nella nostra e in quella delle nostre relazioni – personali, comunitarie e sociali – sempre minacciate dalla morte. Lo faremo con le nostre parole, ma soprattutto con le nostre vite, se sapremo essere donne e uomini di resurrezione. Donne e uomini che sanno scendere negli inferi di questo mondo, di ogni cuore per deporvi un bagliore della luce del Risorto.
“Christòs anesti” , “alithòs anesti”!
Mileto 14.04.2023
Don Francesco Sicari